Visitare Arlena di Castro: situata a un’altitudine di circa 260 metri sul livello del mare e distante poco più di 35 chilometri da Viterbo, la suggestiva cittadina di Arlena di Castro è tra le più caratteristiche dei monti Cimini. Confinante con i comuni di Cellere, Piansano, Tessennano e Tuscania, Arlena di Castro è attraversata da diversi corsi d’acqua che, messi insieme, arrivano a formare il torrente Arrone.
Le origini storiche di Arlena di Castro sono decisamente antiche. Nata sulle rovine di Contenebra, un vetusto insediamento etrusco, l’attuale Arlena di Castro pare sia frutto di due diversi insediamenti, Arlena e Civitella di Arlena.
Quanto al nome, le fonti storiche ritengono che il nome di Arlena sia stato dato alla cittadina solo nel XVI secolo, allorché diverse famiglie nobiliari provenienti da Allerona (in provincia di Terni) occuparono il paese.
Di Arlena, le cronache storiche iniziano a parlare dall’anno 823, grazie al ritrovamento di una vecchia pergamena in cui si fa riferimento ad alcuni possedimenti di terreno, localizzati tra Tuscania e Viterbo, concessi da Walperto di Rofano ai monaci del Monastero di San Salvatore. Anche se con il nome di “Arnena” in luogo di Arlena, del borgo viterbese si parla anche in una bolla di papa Alessandro IV, risalente al 1258, con la quale si decreta la soppressione del Monastero di San Giuliano con la conseguente espropriazione di tutti i beni e i tesori – in cui, pare, rientrassero le terre vicino ad Arnena – in esso custoditi a favore delle clarisse di Santa Chiara.
Nel XV secolo, però, in modo del tutto incomprensibile, gli abitanti di Arlena abbandonarono il borgo in fretta e furia, per rifugiarsi su di un colle poco distante che, sormontato da un castello, era noto con il nome di Civitella d’Arlena. In seguito, grazie all’opera del Cardinale Alessandro Farnese, il borgo iniziò pian piano a ripopolarsi, potendo contare sul contributo delle famiglie provenienti dalla vicina Allerona. Considerata una terra prospera e fertile, Arlena nel 1537 passò nei possedimenti del Ducato di Castro e, in seguito al suo smembramento, rientrò sotto la tutela della Chiesa.
Cosa vedere ad Arlena di Castro
Pur essendo di piccole dimensioni, ad Arlena di Castro non mancano di certo gli spunti di visita. In una graziosa cornice fatta di valli e ruscelletti che si rincorrono, Arlena di Castro è conosciuta per i suoi reperti archeologici e per la vivacità e il folklore che contraddistinguono le sue tradizionali feste.
Tra i siti archeologici di maggiore interesse, principalmente, troviamo le rovine di Castelvecchio. I resti del castello – che non poche trasformazioni hanno dovuto sopportare nel corso dei secoli – grazie alla cinta muraria che delinea il perimetro del castello, consentono al visitatore d’immaginare come fosse imponente l’antica struttura del baluardo, con i bastioni spessi e le finestre strombate sulla facciata esterna. Il luogo, chiamato in modo dispregiativo “Roccaccia di sopra” sin dal 1630, testimonia lo scorrere inesorabile del tempio e l’incuria nella manutenzione dei reperti storici.
Tutta la zona intorno ad Arlena di Castro, però, è ricca di tombe e necropoli etrusche. Tra le più interessanti da visitare, troviamo quelle rinvenute in località Ararella, a ridosso della strada Caninense, in cui sono ancora ben visibili le tombe a fossa scavate nella pietra tufacea e, originariamente, ricoperte da tegole di protezione.
Di gran pregio, all’interno del centro storico, la chiesa di San Giovanni e l’oratorio del Santo Sepolcro. La chiesa, a navata unica, seppur modesta, è impreziosita da un soffitto ligneo e da due tele di squisita fattura, dedicate alla Madonna del Rosario e alle Anime Sante del Purgatorio.
L’oratorio, dotato di un accesso autonomo, è diviso in due ambienti: il primo, conduce a un vestibolo dov’è conservata una tavola lignea con le immagini dell’Immacolata Concezione e di S. Rocco, il patrono della città, mentre, il secondo, dà accesso alla cappella decorata con le scene della morte e della resurrezione del Salvatore.
La gastronomia di Arlena di Castro
Quest’angolo di Lazio, ovviamente, non è famoso solo per gli scorci paesaggistici, ma anche per la ricca cucina. I piatti, seppur semplici e genuini, portano con sé l’essenza primordiale della terra, dei prodotti contadini. Una cucina semplice, a base d’ingredienti poveri, ma ricca di gusto.